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Il Villaggio di S. Maria e la sua Madonna

A cura del Prof. Agostino Gennaro

Continuando la descrizione delle spiagge della Costa degli Dei, risalendo lungo le ricadesi coste, dopo la spiaggia ASPIDE-FORTINO, superata la barriera di scogli che s’inoltra nel mare si entra nella baia di S. Maria e qui, prima di descrivere la spiaggia oggi centro turistico balneare con una cementificazione selvaggia che ha cambiato completamente il volto del paesaggio, mi corre l’obbligo (sia per gli affetti miei e della Spilingese gente, sia per conservarne la memoria) di fare un piccolo excursus storico.
Fino agli anni cinquanta S. Maria era un piccolo villaggio, una chiesetta con romitorio e una diecina di casupole, sempre di proprietà della chiesa, che ospitavano alcune famiglie di pescatori e altre venivano fittate, durante la stagione estiva, alle famiglie per i bagni, in maggior parte agli spilingesi che non limitando col mare scelsero di occupare case e terreni per farne il loro mare. I primi colonizzatori Spilingesi furono due famiglie Pugliese. La famiglia du Tiologo, Pugliese Abbatimasi, un sacerdote che lasciato l’abito talare e formatosi una famiglia vi costruisce una casetta e vi trascorrerà la maggior parte della sua vita con la famiglia.
L’altra famiglia di Pugliese Michele, Canimasculu, compra un bell’ appezzamento di terreno e vi costruisce in riva al mare una casetta agricola di due vani e, un po più vicino al villaggio, una vera villetta con veranda coperta prospiciente al mare, ricordo su questa veranda, esposto a bella vista, lo scheletro di una balena.
Questi, assieme alla famiglia Massara, pescatori, un eremita e il colono dei terreni della chiesa, u Marzu con la sua famiglia erano gli unici assidui abitanti. Successivamente dalla casa Sculco a quella du Tiologo gli Spilingese costruirono in riva al mare un cordone di case utilizzate nel periodo estivo. A queste si aggiungeva la casa di Michele Furci dietro la chiesa e quella di Peppino Schiariti e Scipione Petracca a fianco al lato sinistro della chiesa e una baracca di Peppe Aricó, come si rileva dalle immagini fotografiche che accludo.
La chiesa dedicata a S. Maria di Loreto, da notizie tratte da un articolo di Don Pasquale Russo, ha origini come edicola votiva dedicata alla Beata Vergine della Misericordia, sul finire del XVI secolo. Nel corso del XVII secolo divenne chiesa campestre di piccole dimensioni per i contadini e i pescatori. Venne ampliata durante il XVIII secolo con finestre e porte laterali, e dedicata a Maria S.S. di Loreto (1731). Subì danni a causa del terremoto del 1783. La croce votiva venne eretta nel 1784, a circa 100 metri di distanza dal mare, e costituiva il limite del percorso della processione nel giorno della festa. Durante l’occupazione francese, nel 1806, l’edificio venne spogliato di gran parte dei materiali, destinati alla costruzione un fortilizio militare a sud della baia. Nel 1815, dopo la sconfitta dei francesi nella battaglia di Sant’Eufemia e la loro fuga, gli abitanti distrussero il forte e ricostruirono la chiesa, aumentandone la lunghezza e l’altezza. In quell’occasione fu collocata la statua attuale della Vergine nella nicchia adornata da stucchi e pitture. Dopo il terremoto del 1905 fu innalzato il campanile a vela come appare adesso. Nel 2002 è stato realizzato il restauro completo dell’interno, arricchito da un altare costituito da un blocco monolitico di granito locale. Nel 2008 è stata benedetta la Porta del mare, il portone di bronzo scolpito dal maestro Vincenzo Varone dell’Accademia dell’Aquila, che richiama nelle formelle gli eventi che contraddistinguono la storia del Santuario.
Tra le foto allegate una mi ritrae sulla soglia di una capanna vicino alla sedia dove trascorrevo beato parte della giornata all’ombra di un fico sotto la rupe allora ornata soli dall’ agreste natura E un’altra mi ritrae in testa alla processione della Galilea, lunedi dopo pasqua, con due miei cugini Micuccio e Peppe Petracca, emigrati in USA, e Peppe Cicinneja col bambino.